C'è una quiete che non ha più parole, che lascia andare, che lascia arrivare. Ha
una radice profonda, nasce dall'aver attraversato la maschera, poco importa se
propria o altrui. La maschera altro non è che il riflesso della bellezza che
arranca per arrivare in superficie e appare al mondo con i suoi mezzi stentati,
deformi, ancora ciechi. Non c'è nessun mostro, nessuna violenza, nessun
tradimento, eppure chi ha attraversato vede bene, non si sbaglia, conosce alla
perfezione la deformazione psicologica, il disequilibrio, l'anestesia. Ogni
maschera dice a se stessa una bugia, non può fare altro, perché se vedesse la
bellezza che l'origina, sparirebbe, diventerebbe uno con l'essenziale. La
maschera ha il terrore di non servire più a nulla ed è questo l'errore
fondamentale. Ogni giudizio o tentativo di cambiare la maschera non è che un
ulteriore violenza, una lotta con ciò che è imprescindibile. Essere totalmente
umani significa ripercorrere la corrente per accogliere nella propria forma
difettosa e limitata la bellezza più sfolgorante che si possa immaginare. Un
viaggio all'indietro come i salmoni. Arrivati alla fonte si depongono uova, la
vita si libera, si ritorna nella linea della corrente. Facciamo nascere nuova
vita abbandonando il conflitto che c'impediva di accogliere la maschera, propria
o altrui. Non si chiede più nulla, ma si assapora la tenerezza per il limite
umano che non può che essere così com'è. Le mani che hanno tanto tenuto la corda
nel tentativo di gestire, di controllare, di avere, vedono nascere fiori proprio
là dove l'attrito ha creato sangue. Si tace perché la luminosa ossatura del
mondo precede qualsiasi analisi psicologica. Lo scheletro delle cose sostiene
ogni manifestazione, anche la più deforme. Si sorride di fronte alla paura,
tutto ciò che si è attraversato era il cuore dell'essenziale che voleva
ricomporsi attraverso gli altri e le cose. La maschera e la bellezza giocano ad
essere due e poi uno e poi di nuovo due. Non si viene più toccati, si tace,
incapaci di spiegare, si dice solo: “Questo”, perché non sappiamo se ha davvero
un nome della
colpa, riderci insieme, accorgersi che c'è un tempo per retrocedere ed un tempo
in cui "essere"è l'unica cosa che rimane.